2° seminario
Il liberalismo e il problema dello Stato
prof.Carlo Lottieri - Università degli Studi di Siena
3 febbraio 2012 - Università Magna Graecia di Catanzaro
La lezione ha focalizzato l’attenzione sul potere e, in particolare, su quella forma particolare di potere che è lo Stato moderno, un’entità che si è sviluppata alla fine del Medio Evo, dopo che l’ordine giuridico pluralistico di quell’età viene soppiantato da un’istituzione di tipo nuovo: centralizzata, territoriale, perpetua, sovrana. Fin dai suoi primi passi (con Jean Bodin e la monarchia francese del sedicesimo secolo), lo Stato si è autorappresentato quale sovrano e interprete di un potere assoluto, e cioè libero da ogni vincolo. Si tratta di un potere che vuole essere irresistibile, che assorbe sempre di più al suo interno al società (cultura, educazione, assistenza ecc.), che toglie una quantità crescente di risorse a famiglie e individui, che limita sempre più la libertà individuale e la creatività dei gruppi. Ma questo ordine politico dominato dal potere dello Stato è del tutto incomprensibile se non si coglie il legame che da sempre esso intrattiene con la teologia, dato che le istituzioni politiche al centro della modernità ha in vario modo contrastato e/o appoggiato, sfruttato e/o marginalizzato. Come già Niccolò Machiavelli aveva insegnato, in effetti, il Principe moderno deve saper essere pio o crudele, feroce o magnanimo, e deve saper modulare al proprio comportamento avendo come obiettivo solo la conquista e il mantenimento della sua egemonia sulla vita sociale. Questo spiega come lo stesso Stato - si pensi alla Francia - abbia potuto dapprima definirsi christianissimus e poi dotarsi di un’ideologia intimamente anti-cattolica durante gli anni della Rivoluzione francese, usando una situazione come l’altra per rafforzarsi e vincere ogni resistenza. Dal momento che pretende obbedienza e rivendica un controllo monopolistico della forza sul territorio, lo Stato intreccia comunque questioni istituzionali e religiose: prima rivendicando una legittimazione di carattere sacrale e utilizzando la fede cristiana quale instrumentum regni, poi prospettandosi come alternativa metafisica e fonte autentica di ogni possibile salvezza e, infine, interpretando il venir meno di ogni trascendenza e il trionfo dello strumentalismo. Lo stesso ateismo di massa contemporaneo va allora letto, in larga misura, come un effetto di lungo periodo di un processo che ha visto il trionfo dello Stato moderno e dei riti. Senza avere la presunzione di offrire un’interpretazione esaustiva di questioni tanto intricate, la lezione intende allora offrire un percorso che possa aiutare a chiedersi se davvero abbia senso aver fede nello Stato, facendone il senso ultimo della nostra esistenza, e prestar fede a quanto affermano gli ideologi schierati a sua difesa. Il tema della teologia politica e quello della dissimulazione - dello Stato quale fonte costante di occultamento della realtà - sono d’altro canto strettamente legati, dato che l’aperta sfida che il potere moderno ha lanciato alle confessioni religiose propriamente dette lo ha costretto a moltiplicare la falsificazioni e gli inganni.
Il prof. Carlo Lottieri ha studiato a Genova, Ginevra e Parigi, dove ha conseguito un dottorato di ricerca sotto la guida di Raymond Boudon. Attualmente insegna Dottrina dello Stato alla facoltà di Giurisprudenza dell’università di Siena ed è direttore del dipartimento Teoria politica dell’Istituto Bruno Leoni. Studioso del pensiero liberale classico e libertario, ha pubblicato – tra l’altro: Credere nello Stato? Teologia politica e dissimulazione da Filippo il Bello a Wikileaks (2011), Come il federalismo fiscale può salvare il Mezzogiorno (con Piercamillo Falasca, 2008), Le ragioni del diritto. Libertà individuale e ordine giuridico nel pensiero di Bruno Leoni (2006), Il pensiero libertario contemporaneo (2001) e Denaro e comunità (2000). Il 28 agosto 2009, a Soverato, ha ricevuto il Premio Internazionale Liber@mente.