2° seminario
Miti e realtà dello statalismo
prof. Carlo Lottieri - Università degli Studi di Siena
3 febbraio 2017 - UMG Catanzaro
Al termine statalismo possono ricollegarsi più significati. Esso, infatti, può essere impiegato per designare una concezione politica e un sistema di governo, e le conseguenti misure volte ad ampliare le competenze dello Stato, il quale finisce per controllare ampi settori o totalmente l’economia e la società. In quest’ultimo caso, sfocia in una sorta di “capitalismo di Stato”, che si verifica quando l’economia è controllata o pianificata, oppure, nella versione più estrema, nel socialismo, quando la nazionalizzazione dei mezzi di produzione diventa totale o prevalente. Lo statalismo si riferisce anche alle preferenze di coloro i quali reputano le decisioni collettive dei funzionari aprioristicamente migliori di quelle dei singoli individui sul mercato. Il termine statalismo si connota comunque negativamente, e può anche essere inteso oltre i confini politico-economici fino a designare tutti coloro che invocano l’intervento del potere pubblico per imporre regole di vita e regolamentare qualsiasi ambito della vita associata. Le sue origini sono antiche e possono essere fatte risalire al pensiero di Platone, il promotore della reazione contro la società aperta della democrazia ateniese, nel quale è contenuto il programma politico dello statalismo moderno. Quanto allo Stato, agli occhi di molti lo stesso sarebbe un’istituzione in grado di assicurare ordine, spirito comunitario e giustizia. Fin dai tempi di Hobbes, in effetti, l’ideologia che ha favorito l’imporsi dello Stato sulla scena pubblica ha affermato la tesi secondo cui l’unica maniera per lasciarsi alle spalle i rischi di un’esistenza dominata dalla paura consisterebbe nel consegnare allo Stato il pieno controllo della vita sociale. Nel proseguo della sua evoluzione lo Stato si è affermato poggiando sull’idea che gli uomini – in assenza dello Stato – sarebbero atomi incapaci di interagire e coordinarsi. Quando le istituzioni pubbliche si fanno “nazionali” e si legittimano a partire dal popolo esse si rivelano in grado di creare un vero senso della comunità. Infine, le istituzioni statali si sono candidate a portare la giustizia – essenzialmente intesa come eguaglianza e solidarietà – dove vi sarebbero solo egoismo, iniquità e sopraffazione. Se questa è la mitologia dello Stato, Bruno Leoni ci aiuta a comprendere come la realtà sia ben diversa, perché oggi siamo in grado di riconoscere come la maggior parte dei nostri problemi venga proprio dallo Stato. In effetti, secondo l'autore di "Freedom and the Law" lo Stato moderno è all'origine delle guerre e di quell'inflazione legislativa che mina ogni certezza del diritto. Per di più, il potere statale si caratterizza per il suo essere stato generato dalla forza e per il suo essersi progressivamente affermato grazie ad essa. Lungi dal proteggere tradizioni e comunità, il monopolio sovrano della violenza si configura allora come un potente disgregatore dei rapporti sociali e come l'artefice di un progetto egualitario che, nei fatti, determina il trionfo del ceto politico sull'intera società.
 
Il prof. Carlo Lottieri ha studiato a Genova, Ginevra e Parigi, dove ha conseguito un dottorato di ricerca sotto la guida di Raymond Boudon. Attualmente insegna Dottrina dello Stato alla facoltà di Giurisprudenza dell’università di Siena ed è direttore del dipartimento Teoria politica dell’Istituto Bruno Leoni. Studioso del pensiero liberale classico e libertario, ha pubblicato – tra l’altro: Liberali e non. Percorsi di storia del pensiero politico (2023), Credere nello Stato? Teologia politica e dissimulazione da Filippo il Bello a Wikileaks (2011), Come il federalismo fiscale può salvare il Mezzogiorno (con Piercamillo Falasca, 2008), Le ragioni del diritto. Libertà individuale e ordine giuridico nel pensiero di Bruno Leoni (2006), Il pensiero libertario contemporaneo (2001) e Denaro e comunità (2000). Il 28 agosto 2009, a Soverato, ha ricevuto il Premio Internazionale Liber@mente.